Referendum: perché gli svizzeri l’hanno capito e noi no?
In questi giorni va di moda parlare di Referendum, SI, NO, FORSE … e già che ci siamo perché non allargare la visuale ad altri paesi? Qualche anno fa in Svizzera fu promosso un referendum per domandare ai cittadini se erano d’accordo di aumentare la tasse da destinare all’agricoltura di montagna. Perché una domanda del genere?
Eppure l’agricoltura in Svizzera è la seconda voce di spesa nel bilancio dello stato, seconda solo alla Difesa. La domanda rivolta ai cittadini svizzeri verteva su questo: se si vuol tutelare il paesaggio di montagna, e quindi anche l’integrità del territorio, la manutenzione di vallate e di alpeggi, è necessario che vi sia una agricoltura ed una pastorizia attiva. L’80 % degli elettori rispose di si.
Se l’agricoltura è davvero una fonte di occupazione e di reddito, questa non è solo una risorsa per chi ci deve vivere ma è anche una prospettiva di lavoro per i giovani ed è la garanzia della tutela e del mantenimento di un paesaggio.
Un terreno agricolo, un pascolo o una oliveta ci mettono pochissimo tempo a ritornare allo stato di selvaggio abbandono. Quello che succede in una strada di città abbandonata dai negozi non è dissimile da quello che capita nei terreni incolti: sporcizia, abbandono, bruttura e pericoli in agguato.
Dove c’è la mano dell’uomo, ed il paesaggio toscano ne è una vasta testimonianza, si può leggere l’impegno a mantenere vivo e sano tutto un habitat. Ci sono voluti migliaia di anni per addomesticare l’olivo e farne una pianta amica e simbolo di un rapporto stretto con l’uomo. Ma bastano pochi anni perché l’olivo ritorni al suo stato di cespuglio selvaggio, improduttivo e ostile.
Potature, diradamenti, taglio dell’erba, taglio delle ricrescite sono solo alcune delle attività che durante l’anno un buon olivante fa ai suoi terreni per renderli attivi e capaci di dare olio.
Ma se il sostegno all’agricoltura non arriva e, ancora peggio, non si puniscono truffe e si ammettono politiche di prezzo scorrette come si può pensare di tutelare il lavoro di chi lo fa seriamente e onestamente?
La Toscana in media produce 15 milioni di chili di olio, su una superficie di 91.000 ettari di oliveti, e quest’anno complice una stagione che ha visto un giugno particolarmente freddo e un periodo prolungato di siccità estiva, è stata penalizzata con rese mediamente inferiori del 30 e 40%.
A fronte di questo, le importazioni di olio di origine mediterranea sono invece schizzate alle stelle. A scanso di equivoci non abbiamo nulla contro l’olio comunitario ed la popolazione dei paesi del Mediterraneo. C’è qualcuno interessato a conoscere le condizioni di lavoro con cui è prodotto l’olio da quelle parti? Quanto vengono pagati i lavoratori? Volete sapere come arrivano le olive ai nostri frantoi dopo un viaggio in nave? Si perché in genere arrivano le olive e non olio, per trarre il massimo profitto da tutta la filiera di lavorazione.
Ma se da noi, chi fa olio evo, va al frantoio quasi ogni giorno? Se le olive non sono trattate e sono raccolte a mano, conferite in tempi brevi per avere la massimo restituzione dei valori nutritivi dell’olio? Potranno mai essere considerati lo stesso prodotto?
Potranno essere la stessa cosa? Perché si continua ad ingannare il consumatore mantenendo politiche di prezzo che sono le premesse per una catastrofe ambientale? Quando le politiche commerciali delle multinazionali avranno del tutto stroncato le piccole attività agricole cosa ne sarò del paesaggio delle colline toscane?
Per concludere è bene ricordare che fra le altre cose le istituzioni si fanno pagare profumatamente quando qualcuno usa negli spot o in televisione immagini di paesaggio toscano. Si certo. Se un americano vuol girare un film sulle colline toscane, e mostrare il nostro paesaggio inimitabile, è naturale che debba pagare una tassa, è giusto. Ma i soldi vanno all’agricoltore che da generazioni ha costruito muri a secco? Terrazze? Mantenuto e potato gli olivi? Dove vanno quei soldi? All’agricoltore? Manco per sogno.
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